mercoledì 2 ottobre 2013

Italia da Brivido.

C'è sempre un po' di magia nel leggere quello che succede in un paese lontano, ha un che di esotico e di misterioso a prescindere dal posto in sè. Ieri sera, attirati un po' dalle blande notizie che girano in FB e che, ovviamente, sono semplici titoli gridati ai quattro venti giusto a vantaggio dei creduloni, abbiamo usato la fantasmagorica tecnologia di IOS5 e del Replay Rai2 per vederci un telegiornale dopo quasi 3 mesi di soli notiziari mexicani. Incredibile sentire la solita sigletta che da 20 anni,  alle 2030, si apre una breccia nelle cucine e nella sale da pranzo italiane: devo dire che mi sono bastate quelle 5 note per sentire una sottocutanea forma di nostalgia per casa mia. Però passato il primo brividino è stato tragico tuffarsi  nelle notizie che, anche a distanza, acuiscono il disagio di vivere in posto che non è più quello che si considerava un bel paese: trucchetti da salotto, piccoli inganni e voltafaccia da quattro soldi la fanno ancora da padrone degli italiani e dei loro destini. Se c'è un momento in cui non vorrei mai tornare indietro da questo posto, ecco è questo; se c'è un momento in cui sembra aver senso vivere in un paese del terzo mondo è proprio questo. La sensazione, anche a distanza, è che tutto possa andare a farsi friggere da un momento all'altro e che le reti di protezione, sempre che qualcuno non se le sia fottute prima, potrebbero non attutire assolutamente la caduta. Tralasciando la figura da circo dei burattini teleguidati dall'ignoranza che stiamo facendo con il l'Europa e con il mondo, è buffo pensare e guardarsi dentro scoprendo la paura di (magari,un giorno, mai? boh) dover tornare in paese dove tutto è in mano a delle macchiette da avanspettacolo degli anni che furono, mi spaventa non poco l'idea che un Berlusconi, o un letta o chi per esso (i nomi grazie alla mia poco funzionale memoria li ho scordati da un pezzo) possano in un momento di particolare euforia mediatica, possano dicevo, far cadere l'ennesimo governo di carta-pesta che ha, fondamentalmente, il compito di non farci apparire come un paese del terzo mondo quali in realtà già siamo....diciamo che la missione è non apparire come un paese tipo...il Mexico; quindi ci copriamo di oggettini firmati e di avanguardie cinematografiche e di stile per non dover soccombere sotto il peso dell'incapacità di cambiare una situazione che riguarda tutti (politici esclusi): dal primo all'ultimo dei cittadini comunitari o extracomunitari che siano (e so ora cosa vuol dire essere extracomunitario come i nostri nonni emigrati in America con la valigia carica di stracci). In tutto questo la cosa più buffa è che i paesi da cui cerchiamo di prendere le distanze per pruriginosa superiorità dichiarata, loro, sono da un pezzo avanti a noi. Una volta si diceva che la Spagna era indietro di 40 anni; quando abbiamo finito di dirlo la penisola iberica ci aveva già mangiato in testa con il turismo di massa facendoci genuflettere nella posizione tanto cara al clero che ospitiamo. Ma c'è l'Italia di Giorgio Armani, di Gabrile Muccino, di Enrico Brizzi, dei grandi poeti (tutti passati), dei De Sica (padre), del rinascimento etc. etc. Sì, verissimo, sacrosanto, però mi faccio una domanda: e se l'ottavo Re di Roma (come titolava di Armani un quotidiano qualche mese addietro, alla presentazione della sua superfesta a Roma appunto) lavorasse nel DF? Con l'iva all'undici per cento? In un paese che conta più ricchi di quanti se ne conteranno in Italia tra 10 anni e con una popolazione la cui età media è la metà di quella del più giovane professore di ruolo di una qualsiasi scuola italica? Ecco, giusto questa domanda mi faccio mentre Ottobre chiude il suo secondo giorno di vita (30 gradi e un sole da spaccare le pietre). La risposta me la do quasi da solo, come, penso, tutti gli italiani del resto.  

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