La soprelevata di Playa del Carmen, smaltisce il traffico veloce della Caretera Federal |
Il Cavalcavia Bacula noto come Ponte della Ghisolfa a Milano |
In quel miglio di acciaio e di crescita industriale ho riconosciuto il miracolo di Playa del Carmen. Nel 2003, quando lavoravo qui, Playa era divisa dalla giungla (quella con gli alberi) da una striscia d'asfalto che spingeva le auto e i rimorchi da Cancun fino al confine di stato con il Belize: mi pareva una strada eroica, come la route 66 o l'autostrada Messina-Palermo: vedevo camion lunghi sparati nella notte con le file di fari a bucare il velo del buio assoluto con destinazioni strane, punti su una mappa; erano delle specie di navi che andavano avanti e indietro in un territorio che ancora aveva qualcosa di inesplorato ai miei occhi. In quella strada vedevo l'essenza di un paese in crescita fatto di gente tranquilla, operosa, bizzarra e affascinante. Oggi anche Playa ha la sua Ghisolfa personale: altra striscia d'asfalto semi-liquefatto dal calore che sfila tra i quartieri nati dallo sviluppo debordante e straordinario che la Riviera dice di vendere come oggetto di studi alle università americane e di mezzo pianeta. La bruttezza di quest'opera è rara come rara è la bruttezza dei nuovi agglomerati dormitorio che ospitano a poco prezzo decine di operose (?) famiglie desiderose di afferrare un pezzetto di miracolo economico del terzo millennio. C'è tutta la nuova Playa ad ovest della Ghisolfa mexicana: baracche, scatole di cemento con dentro buttata un bel po' di gente che va avanti senza farsi troppe domande e soprattutto senza trovare (credo) la minima risposta. Poi ci sono i quartieri nuovi: altrettante scatole di cemento prefabbricato prodotte con la tipica cura e attenzione al dettaglio locale ma impiallacciate da buona pubblicità con protagonisti non maya e facce da popolo vincente del terzo mondo...qui vivono quelli con il peso buono, quelli con l'affitto da 6000 pezzi al mese, tv a 32 pollici comprata al Walmart, Nissan Micra nuova e polo finta Ralph Lauren.
Il miracolo è finito e il ponte è rimasto, esattamente come a Milano dove la promessa degli anni d'oro si è spenta nella nuova fiammante recessione (leggi collasso logico di un'economia gestita da burocrati), anche qui l'infinita macchina del turismo pare inceppata su sè stessa, piena ormai di ricordi di un mito degli anni '90 fatto di birra con la fettina di lime e sombreros a rigurgito infilati nelle cappelliere dell'aereo per la via di casa. Non si raccapezza più, però, tra americani squattrinati e italiani dalle mille promesse e dalla solita (noiosa) lingua velocissima; non ne è rimasto molto di pane da mettere sotto ai denti qui, sono arrivate le solite catene americane che si sono lavate la bocca con i posti di lavoro ( come il responsabile delle presunte perdite ) offerti a chi con il turismo non è capace di interagire e si trova ai margini, lavora per chi lavora in quella catena che porta come una scala verso la parte meno abbiente e più cenciosa della popolazione. Alcuni, imperterriti, continuano ad aprire il ristorantino italiano che fa la pasta (buona sembra) da portar via e mi raccontano come con 20.000 pesos si vada avanti alla grande anche con un figlio all'asilo (evitando le occhiate trasversali ai raggi laser della moglie che forse preferiva centocelle rispetto all'incrocio con la trentesima diagonale) e che i valori sono altri: adesso ci si gode la sdraio in riva al mare la domenica pomeriggio e la birretta fresca....peccato poi che quando io faccia presente che l'assicurazione casco dell'auto costa come metà del suo stipendio, venga fulminato come se avessi pronunciato il nome di Hitler ad una rimpatriata di reduci da un campo di lavoro nazista...." e quella qui non ce l'ha nessuno"..." sì, ma tu hai visto come guidano? Io senza una casco non uscirei nemmeno con un Panzer".... Qualcuno si troverà ancora ad aver preso il pacco per un ristorante sulla 5a con 3.000 dollari d'affitto e il pizzo (non quantificabile) da pagare alla mafia del narcotraffico che attraverso quei ristoranti ricicla valanghe di denaro sporco. Ognuno fa il suo piccolo gioco andando avanti incurante di cosa succede nella fotografia di gruppo, quasi un Berlusconi che mette le corna con un largo sorriso al malcapitato di turno. Mi dicono che questo non è Mexico e, personalmente, ci credo e ringrazio per questo; non potrei mai raccapezzarmi su come altri 100 milioni di persone possano vivere con la stessa espressione di asteroide lanciato nello spazio senza meta che leggo nelle facce della gente. Se ci fate caso, se guardate da vicino, i volti assomigliano spettralmente alle facce che puoi vedere dietro ai finestrini, specchiate nel tramonto milanese, sul ponte della Ghisolfa all'ora di punta, solo più sudate e più alticce di Cerveza Sol in bottiglia da litro e mezzo...aprovechala ya!!
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